Ai Partecipanti allAssemblea Generale della Conferenza Italiana Superiori Maggiori (CISM) (7 novembre 2025)

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

La pace sia con voi!

Buongiorno a tutti e benvenuti, c’è più entusiasmo qui che nella giornata dei giovani! Vuol dire che siete tutti giovani!

Un cordiale saluto a tutti voi, partecipanti alla 65ª Assemblea Generale della Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori.

Il tema che avete scelto è Governare la Speranza. Forme e stili di governo delle Province in una Chiesa sinodale. Si tratta di una prospettiva impegnativa, che riflette la ricchezza del tempo di grazia che la Chiesa sta vivendo, come pure la sua complessità.

La comunità dei credenti non si è mai sottratta né agli stimoli, né alle sfide dei tempi e dei luoghi in cui è vissuta, e anche oggi con fiducia e generosità vuole continuare a farlo, portando il messaggio di Cristo in ogni ambito della società e in ogni parte del mondo. In questo suo sforzo, la presenza dei religiosi è sempre stata significativa e provvidenziale, come fermento, profezia e forza per tutto il Popolo di Dio (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 44). E la tematica che vi siete proposti conferma la vostra fedeltà a tale ruolo, in particolare nell’ambito del cammino di “conversione sinodale” che abbiamo vissuto in questi ultimi anni.

Il Documento finale dell’ultimo Sinodo, in proposito, ha rilevato come sia proprio delle famiglie religiose l’avere, nel corso dei secoli, «maturato sperimentate pratiche di vita sinodale e di discernimento comunitario, imparando ad armonizzare i doni individuali e la missione comune» (Documento finale, 26 ottobre 2024, 65). La sinodalità, intrinseca alla vita della Chiesa (cfr Francesco, Discorso ai fedeli della Diocesi di Roma, 18 settembre 2021), è di fatto a maggior ragione propria della vostra vocazione, e ciò vi rende particolarmente idonei a contribuire agli sforzi che in tutto il mondo si stanno facendo in questa direzione. A ciò si aggiunge il valore dell’interculturalità crescente delle comunità dei consacrati, che pure risponde alle esigenze delle società in cui viviamo (cfr ibid.).

Il patrimonio formato da queste risorse, però, non può considerarsi qualcosa di definito e statico: esso è frutto di una dinamicità di vita e di fede che continuamente ha bisogno di evolversi, di crescere, di svilupparsi ed esprimersi, sia nella molteplicità dei contesti carismatici sia nella continua novità delle situazioni e dei rapporti.

Ciò comporta la necessità di prendersene cura come del frutto di un organismo vivo, bisognoso di nutrimento, di attenzione, a volte anche di guarigione; e a ciò può contribuire in modo determinante il ministero di autorità, con forme e stili di “governo” adatti a suscitare speranza nel cammino dei fratelli, sostenendone il generoso e proficuo apostolato.

Nella ricerca di linee-guida lungo cui muoversi a tale scopo, possiamo rifarci a ciò che suggerisce il già citato Documento finale del Sinodo, desumendone tre atteggiamenti importanti: il discernimento ecclesiale, la cura dei processi decisionali, l’impegno a rendere conto del proprio operato e a valutarne i risultati e le modalità (cfr ibid., 79). Si tratta, come sottolinea il Documento, di processi interconnessi, che si sostengono e correggono a vicenda. La fedeltà alla Chiesa dirige e illumina il coinvolgimento dei fratelli e ne alimenta la corresponsabilità, garantendo la trasparenza e facilitando quell’apertura reciproca che sola può favorire la cooperazione di tutti. Del resto il confronto sincero, la condivisione, la correzione fraterna possono aiutare molto ad evitare e contrastare eventuali derive particolaristiche e autoreferenziali (cfr Francesco, Discorso ai Referenti diocesani del Cammino sinodale italiano, 25 maggio 2023). In fondo, si tratta di un cammino di purificazione atto a rendere singoli e comunità sempre più liberi nel bene, sia a livello di crescita personale che di esercizio della carità. E ciò chiaramente anche in favore di una rinnovata fedeltà carismatica, che richiede un continuo spogliarsi di strutture e attaccamenti non essenziali, o addirittura nocivi ad una piena attualizzazione nell’oggi della missione originale ispirata ai fondatori.

E a tale scopo vorrei ricordare, in particolare, l’importanza di incoraggiare, nelle forme di governo, una proficua alternanza nelle responsabilità e negli incarichi, evitando staticismi che rischiano di favorire irrigidimenti e sclerotizzazioni. Papa Francesco, in proposito, ci ha messo in guardia più volte dal pericolo delle “acque stagnanti”.

Sant’Agostino, nei Soliloqui, si domanda: «Perché desideri che le persone a te care vivano e convivano con te?», e fa seguire questa bellissima risposta: «Affinché possiamo indagare in concorde collaborazione sulla nostra anima e su Dio. Così colui che per primo avrà risolto il problema, indurrà senza fatica al medesimo risultato anche gli altri» (I, 12.20). Mi sembra un pensiero molto significativo anche per noi, in particolare in riferimento alla dimensione sinodale della responsabilità che ci è data verso i fratelli.

Carissimi, vi ringrazio per la fedeltà con cui svolgete il vostro non facile compito. Vi accompagno con la mia preghiera e vi benedico di cuore. Grazie.