Dipende dal Padre, che il Figlio gli assomigli. Viene da lui, quel Figlio che gli si può paragonare, perché è simile a lui. È pari a lui, il Figlio che compie le stesse opere di lui (Gv 5,36)… Sì, il Figlio compie le opere del Padre; perciò ci chiede di credere che egli è il Figlio di Dio. Non si arroga in tal modo un titolo che non gli sarebbe dovuto; non fonda la sua rivendicazione sulle sue opere. No, rende testimonianza che queste non sono le sue opere, bensì quelle del Padre suo. E attesta così che lo splendore delle sue azioni è dovuto alla sua divina nascita. Ma come gli uomini avrebbero potuto riconoscere in lui il Figlio di Dio, nel mistero di questo corpo che aveva assunto, in questo uomo nato da Maria? Il Signore compiva dunque tutte queste opere allo scopo di far penetrare nel loro cuore la fede in lui: “Se compio le opere del Padre mio, anche se non volete credere in me, credete almeno alle opere!” (Gv 10,38).
Se l’umile condizione del suo corpo sembra costituire un ostacolo per credere alla sua parola, ci chiede di credere almeno alle sue opere. Perché, infatti, il mistero della sua nascita umana ci impedirebbe di percepire la nascita divina? … “Se non volete credere a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre”…
Tale è la natura che egli possiede fin dalla sua nascita; tale è il mistero di una fede che ci garantirà la salvezza: occorre non dividere coloro che sono una cosa sola, non privare il Figlio della sua natura e proclamare la verità del Dio Vivo nato dal Dio Vivo… “Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me, così io vivo per il Padre” (Gv 6,57). “Come il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso” (Gv 5,26).