Martedì 2 Aprile : Omelia monastica anonima del 13° secolo

“Maria!”, ti riconosco col tuo nome; tu impara a conoscermi con la fede. “Rabbunì!, dice lei, che significa: Maestro”, insegnami a cercarti, insegnami a vederti. “Non mi trattenere, risponde Gesù, perché non sono ancora salito al Padre” (Gv 20,16-17): tu non credi ancora che sono uguale, eterno e consustanziale al Padre. Credilo e mi vedrai.

Il tuo sguardo si ferma all’uomo, perciò non credi, poiché non si crede a ciò che si vede. Non vedi Dio; credi e vedrai. Con la fede, mi vedrai, come quella donna che toccò il lembo del mio mantello e fu subito guarita (cfr. Mt 9,20-22). Perché? Perché mi ha toccato con fede. Toccami con quella mano, cercami con quegli occhi, corri verso di me con quei piedi.

Non sono lontano da te; io sono il Dio vicino (cfr. Dt 4,7), parola nella tua bocca e nel tuo cuore. E cosa di più vicino all’uomo del suo cuore? E’ lì, nell’intimo, che mi hanno scoperto tutti coloro che mi hanno trovato. Poiché ciò che è fuori riguarda la vista. Le mie opere sono reali e tuttavia restano fragili e passeggere; mentre io, il loro Creatore, abito nel più profondo dei cuori puri.