Mercoledì 27 Ottobre : San Prospero di Aquitania

Coloro che giungono a Dio attraverso Dio e vogliono essere salvati, sono senz’altro salvati, giacché lo stesso desiderio di salvezza lo hanno per ispirazione di Dio e giungono alla conoscenza della verità per illuminazione di Lui che li chiama. Sono infatti figli della promessa, ricompensa della fede, seme spirituale di Abramo, « stirpe eletta, sacerdozio regale» (1P 2,9), conosciuto prima da Dio e preordinato alla vita eterna. (…) Tramite Isaia, il Signore ci fa conoscere la sua grazia che fa di ogni uomo una nuova creatura : “Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa (…), perché avrò fornito acqua al deserto, fiumi alla steppa, per dissetare il mio popolo, il mio eletto. Il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi”. E d’altra parte : “…davanti a me si piegherà ogni ginocchio, per me giurerà ogni lingua” (Is 43,19s; 45,23).

È impossibile che tutto questo non accada: la previdenza di Dio non si sbaglia; i suoi disegni non cambiano; la sua volontà è costante e le sue promesse sono mantenute. Dunque, tutti quelli che designano queste parole saranno salvati. Egli, in effetti, scrive la legge nei loro cuori (cfr. Rm 2,15); essi hanno accesso alla conoscenza di Dio non attraverso un insegnamento umano ma sotto la direzione del Maestro supremo: “Ora né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere” (1Cor 3,7). (…) A tutti è dato di avere un cuore cambiato, un giudizio retto, una volontà ugualmente retta. Dio fa nascere il timore in tutti gli uomini affinché si attengano ai suoi comandamenti. (…) Essi celebrano la potenza della sua misericordia, e i miracoli che essa compie perché Dio li ha scelti: “Ecco verranno giorni – dice il Signore – nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova. Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo”. (cfr. Ger 31,31-33).