Mercoledì 8 Ottobre : Tertulliano

L’espressione “Dio Padre” non era mai stata rivelata. Quando Mosè chiese a Dio chi fosse, sentì un altro nome. A noi questo nome è stato rivelato nel Figlio. Poiché questo nome implica il nuovo nome di Padre. “”Io sono venuto nel nome del Padre mio” (Gv 5,43). E altrove: “Padre, glorifica il tuo nome” (Gv 12,28); e ancora più esplicitamente: “Ho manifestato il tuo nome agli uomini” (Gv 17,6). Perciò gli chiediamo: “Sia santificato il tuo nome”.

Non perché convenga all’uomo pregare per Dio, come se si potesse augurargli qualcosa, o che gli manchi, senza la nostra richiesta. Al contrario, dobbiamo benedire Dio in ogni tempo e in ogni luogo, per assolvere all’omaggio di gratitudine che ogni uomo gli deve per i suoi benefici. La benedizione compie questo dovere. D’altronde, come può non essere sempre santo e santificato il nome di Dio in se stesso, dato che santifica gli altri? E la schiera degli angeli che lo circonda non cessa di dire: “Santo, Santo, Santo”. E noi, che aspiriamo alla beatitudine degli angeli, ci associamo fin da ora alla loro voce e quanto faremo nella nostra futura dignità. Ecco quanto riguarda la gloria di Dio.

Nella preghiera che formuliamo per noi dicendo: “Sia santificato il tuo nome”, chiediamo che sia santificato in noi, che siamo in lui, ma anche negli altri che la grazia di Dio attende ancora, al fine di conformarci al precetto che ci obbliga di pregare per tutti, persino per i nemici. Ecco perché non dire espressamente: “Il tuo nome sia santificato” in noi, è chiedere che lo sia in tutti.