Domenica 2 Gennaio : San Tommaso d’Aquino

«Ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita… noi lo annunciamo anche a voi» (1 Gv 1,1-3)… Il Verbo fattosi carne si è fatto conoscere agli apostoli in due modi: l’hanno riconosciuto in primo luogo con la vista, come ricevendo dallo stesso Verbo la conoscenza del Verbo stesso, e in secondo luogo con l’udito, ricevendo questa volta dalla testimonianza di Giovanni Battista la conoscenza del Verbo.

A proposito del Verbo, Giovanni l’evangelista afferma: «Noi vedemmo la sua gloria»… Per san Giovanni Crisostomo, queste parole si riferiscono alla parola precedente nel vangelo di Giovanni: «Il Verbo si fece carne». L’evangelista vuole dire: l’incarnazione ci ha conferito non soltanto il beneficio di diventare figli di Dio, ma anche quello di vedere la sua gloria. Infatti, gli occhi deboli e malati non possono guardare la luce del sole: ma quando brilla attraverso una nuvola o un corpo opaco, allora lo possono. Prima dell’incarnazione del Verbo, gli spiriti umani erano incapaci di guardare la luce «che illumina ogni uomo». Perciò, perché non siano privi della gioia di vederlo, la luce stessa, il Verbo di Dio, ha voluto rivestire la carne perché potessimo vederla.

Allora, gli uomini «si voltarono verso il deserto: ed ecco la gloria del Signore apparve nella nube» (Es 16,10), cioè il Verbo di Dio nella carne… E sant’Agostino nota che, perché possiamo vedere Dio, il Verbo ha guarito gli occhi degli uomini facendo della sua carne un collirio salutare… Ecco perché, subito dopo aver detto: «Il Verbo si fece carne», l’evangelista aggiunge: «E noi vedemmo la sua gloria», come per dire che subito dopo aver applicato il collirio, i nostri occhi sono stati guariti… Questa gloria Mosè desiderava vederla e non ne ha visto che l’ombra e il simbolo. Gli apostoli invece, hanno visto il suo splendore.