Messaggio Giornata Missionaria Mondiale

Nei campi era ormai tempo di mietiture: il grano aveva colore del pane… Ma Gesù vede altro: guarda e vede che ogni cuore di uomo è una zolla di terra ancora atta a dare vita ai suoi semi divini che in noi crescono, dolcemente e tenacemente, come il grano che matura nel sole. E ha un sogno: svelare ad ogni uomo il tesoro nascosto nel campo, far scoprire a ogni persona la propria dignità, il proprio carisma da mettere a servizio del Regno, manifestarsi a ognuno come il Dio della misericordia e della consolazione. Ma non vuole salvare il mondo senza di noi, non ci tratta come burattini, vuole, desidera, chiede agli apostoli, a noi, di diventare discepoli, narratori di Dio. Senza fanatismi, senza scorciatoie o nostalgie, ricercando una piena e matura umanità, il Signore ci chiede di costruire la Chiesa con Lui. Ogni uomo, in ogni parte del mondo, è messa matura, per diventare pane di Dio, per diventare figlio di Dio. Queste parole di Gesù, come sempre, ma in maniera particolare in questo tempo, ci interpellano direttamente e profondamente. Ognuno di noi è stato indicato dal Signore Gesù, indicato con il dito, con predilezione, ed è stato designato da lui come discepolo ed è stato inviato come apostolo.
Siamo, in Lui, inseparabilmente discepoli ed apostoli.

Discepoli, perché chiamati a seguire Gesù da vicino, non come persone della folla, ma a seguirlo in un rapporto personale sempre più intimo e profondo con la sua grazia, perché siamo chiamati a innamorarci ogni giorno di più di Lui. E siamo costituiti insieme inseparabilmente apostoli, inviati dal Signore Gesù, perché non possiamo trattenere soltanto per noi la bellezza e la ricchezza del grande dono dell’amore ricevuto da Dio. «Ogni cristiano – ci ricorda papa Francesco nella Evangelii gaudium – è missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù; non diciamo più che siamo “discepoli” e “missionari”, ma che siamo sempre discepoli-missionari». (n.120), e con un tratto autobiografico si identifica con la missione: “Io sono una missione su questa terra” (n.273). Purtroppo questa consapevolezza a più di cinquant’anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II, non è ancora pienamente entrata nella prassi ecclesiale.

Molti cristiani ritengono ancora che la missio ad agentes sia una vocazione riservata a pochi uomini e poche donne. Ed invece “la missione (…) rinnova la chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola! (Redemptoris Missio, 2).

L’ottobre missionario, con il suo invito alla riflessione, alla preghiera, al gesto fraterno della condivisione è occasione perché le nostre comunità, fedeli alla logica della missione, evitino la malattia spirituale dell’autoreferenzialità, e si pongono alla ricerca di esempi concreti, di gesti significativi, di fatti emblematici, che ne scuotano il grigiore e l’affanno, e le rendano veramente sbilanciate verso la ricerca e l’ascolto dei lontani e dei non credenti; comunità attente a suscitare e a coltivare le grandi vocazioni cristiane, preparate a testimoniare la fede nell’immenso campo del mondo. Segni di quella Chiesa “in uscita missionaria” che annuncia gioiosamente che la salvezza realizzata da Dio è per tutti (EG n.113).

S.E.R. Mons. Nunzio Galantino – Segr. Gen. della C.E.I.